Camminando per le lunghe vie calabresi, talvolta antiche, apparentemente desolate e ricoperte di silenzio, silenzio pensoso, capita di lasciarsi affascinare dai dettagli nutriti di un carico entusiasmante di storia e di storie. La grande storia degli uomini e dei manufatti e le storie, anche quelle degli uomini, ma spesso tacitate e dunque meno note.
E così, perlustrando il territorio ad esempio del catanzarese, di quello ora marino ora fiumano, ora prettamente interno, ecco il fascino dei ruderi di un castello, di una rocca che dev’essere stata importante. Della storia del posto sai poco. Sei a Simeri Crichi, ti informi subito. E realizzi la bellezza storica di questo borgo medievale, Simeri appunto, che costituisce la parte più antica del comune col doppio nome, mentre Crichi è settecentesca. Oggi Simeri è frazione di Crichi, seppur presente nel nome: una volta era Crichi a dipendere da Simeri. Ma Simeri è anche il nome del fiume che ogni tanto crea problemi (per meglio dire: è sempre l’uomo che crea problemi ai fiumi) con le sue inondazioni e che, ad onde sinuose, abbraccia questo territorio prima di sfociare nel golfo di Squillace.
Altra zona bella, quella. È la Calabria dai mille volti. Ed eccolo questo castello di Simeri, forse ancora poco noto agli itinerari turistici. Anche questa una cosa che non sai se benedire, in realtà. Sì perché il silenzio di cui si diceva in posti così meriterebbe anche di essere tutelato. Qui e in tante altre aree calabresi, meridionali, italiane. Aree interne note alla storia stessa, che sempre tutto coltiva e raccoglie.
Intanto ora a Simeri il silenzio c’è, resiste. E noi abbiamo deciso di raccontarvelo. Il castello dice l’imperioso tracciato storico di questa comunità, un tracciato d’eredità feudale, come tanto Mezzogiorno. Ed ecco famiglie come i Faloch, di origine normanna, e ancora, fino all’800: Ruffo, Centelles, Aragona d’Ayerbe, Borgia, Ravaschieri, De Fiore, Barretta Gonzaga, De Nobili.
Casati, come si vede, importanti per la storia della Penisola intera. Simeri, piccola, è dentro questa grande storia. Ma la sua storia viene da lontano: qui sono stati trovati reperti dell’Età del ferro, per non dir di quelli magnogreci. Il paese diventa comune nel 1811, con le frazioni di Crichi e Petrizia (oggi appartenente a Sellia Marina): nel 1848, la sede municipale è spostata a Crichi. Simeri e Crichi sono divise dalle depressioni causate dal corso di fiumi (c’è anche l’Alli) e torrenti. Vicina anche Soveria Simeri, parte del vecchio ducato di Simeri.
Il castello, allora. Segno del kastron di Simeri, poi appunto ducato perché questa terra seppe far tesoro anche politico delle sue bellezze. Fa luce su questioni storiche, specialmente sull’importanza della dominazione bizantina (ma anche su Trischene, città più immaginaria che reale, che sarebbe esistita in queste zone, comprendendo anche la non lontana Taverna), lo studioso Lorenzo Chiricò in uno studio sull’evoluzione dell’insediamento del paese, datandone la fondazione, presumibilmente, al IX secolo, grazie ai bizantini.
Il castello merita davvero una visita. Vale fermarsi qui, ascoltando il tempo della remota ma significativa provincia calabrese e meridionale. Un avamposto da cui la vista domina la valle del fiume, il golfo e lo Ionio stesso. Intatte la cinta muraria, due torri cilindriche (a nord e a sud) e poi la sede vera e propria del potere: il Palacium Castri.
Speciale anche la Collegiata di Santa Maria dell’Itria, distrutta nel terremoto del 1744, sui cui resti si abbatté anche il sisma calabro-vibonese del 1905.
In posti così si ha davvero la sensazione di lasciarsi come attraversare dal tempo che è passato, di suo già frammentato nei segni e arrivato a noi attraverso pietre possenti, qui superstiti schegge dei cammini della storia.
Bello anche il convento dei Cappuccini, dedicato a Santa Maria degli Angeli. Sede di noviziato, fu costruito dal principe Borgia di Squillace a fine XVI secolo. Ha attraversato diverse fasi e minacce di chiusura, diventando anche ricovero per viaggiatori. Tutti e tre questi luoghi sono segnalati come degni di cura ed attenzione dal Fai. Una bella cartolina di presentazione per posti da amare e visitare con rispetto, difendendone anzi gli aspetti che meritano tutela.
Ci sarebbe infine anche il monastero di San Teodoro, esistenza di cui lo studioso Chiricò è convinto, datato almeno all’XII secolo: ancora incerta la sua effettiva collocazione.
Nativo di Simeri è san Bartolomeo (XI secolo), importante seguace del famoso monaco basiliano San Nilo di Rossano, fondatore dell’abbazia di Grottaferrata, nella grande provincia romana, oggi chiesa bizantina-cattolica. A Simeri, probabilmente sui resti di una precedente struttura di culto dedicata a San Basilio, Bartolomeo innalzò la chiesa di San Fantino.
Nel paese anche molte grotte, sedi di eremitaggio da parte del monaco e dei suoi. E Crichi, l’attuale sede comunale, da vedere la chiesa madre, dedicata a San Nicola, in stile tardoromanico con campanile a torre. Ma anche la chiesetta di “fra’ Rocco”, cosiddetta in memoria di una particolare figura di eremita lì vissuto fino a non molti decenni fa, datata al XVI secolo ma forse più antica.
Simeri, gemma silenziosa di Calabria, attende (e offre) una visita che ne percepisca il pieno senso storico: passi tra la storia, rispettosi, che attraversino con stupore un territorio che risplende di un passato da contemplare ma soprattutto da tutelare.
(Fonte: articolo di Marino Pagano – primopiano)